Si narra che nel 630 dopo Cristo l’imperatore di Bisanzio Eraclio, avendo sconfitto il re persiano Cosroe, recuperò le reliquie della santa Croce che questi aveva portato via da Gerusalemme 14 anni prima. Quando si trattò di ricollocare la preziosa reliquia nella basilica eretta da Costantino sul Calvario tre secoli prima, avvenne un fatto singolare che la liturgia ricorda con la festa dell’esaltazione della santa Croce.
Eraclio, tutto ricoperto di sfarzosi vestiti e di ornamenti d’oro, fece per attraversare la porta che conduceva al Calvario, ma non vi riusciva. Più si sforzava di avanzare, più si sentiva come inchiodato sul posto. Possiamo immaginare lo stupore generale. Il Vescovo Zaccaria allora gli fece notare che forse quella tenuta da trionfo non si addiceva all’umiltà con cui Gesù Cristo aveva varcato quella soglia portando la croce. Allora l’imperatore si tolse tutti quei vestiti lussuosi e a piedi nudi, vestito come un uomo qualsiasi, fece senza difficoltà il resto della strada e giunse sul luogo dove doveva essere riposta la croce.
Questo fatto ci ricorda che non è possibile accostarsi al Crocifisso se prima non ci spogliamo di tutte le nostre pretese di grandezza, del nostro orgoglio e della nostra vanità
Sappiamo però come vanno le cose nel mondo. Che senso può avere celebrare la croce in una società che cerca appassionatamente ogni genere di “confort”, le comodità e il massimo benessere?