Dopo il racconto dell’Annunciazione, l’evangelista Luca ci invita subito a seguire i passi della Vergine che da Nazaret si incammina verso una città di Giuda, che tradizionalmente viene identificata con l’attuale Ain Karim, graziosa località situata tra le montagne, non lontana da Gerusalemme. È bello ed è colmo di ricchi significati mettersi sui passi di Maria, camminare con lei e seguire le tappe più salienti della sua vita; tappe che hanno unicamente valore se legate a particolari momenti della vita di suo Figlio. È l’intensa storia di Maria, è il cammino della sua fede, che ha nell’incontro con la cugina Elisabetta un momento altamente significativo, come scrive Giovanni Paolo ll nell’enciclica Redemptoris Mater: «Le parole di Elisabetta – Beata colei che ha creduto – non si applicano solo a quel particolare momento dell’Annunciazione. Certamente questa rappresenta il momento culminante della fede di Maria in attesa di Cristo, ma è anche il punto di partenza, da cui inizia tutto il suo itinerario verso Dio, tutto il suo cammino di fede. E su questa via, in modo eminente e davvero eroico – anzi con sempre maggiore eroismo di fede – si attuerà l’“obbedienza” da lei professata alla parola della divina rivelazione. E questa obbedienza alla fede da parte di Maria durante tutto il suo cammino avrà sorprendenti analogie con la fede di Abramo. Come il patriarca del popolo di Dio, cosi anche Maria, lungo il cammino del suo Fiat filiale e materno, ebbe fede contro ogni speranza, Specialmente lungo alcune tappe di questa via la benedizione concessa a colei che ha creduto, si rivelerà con particolare evidenza».
Camminare con Maria, andare verso Elisabetta: è un gesto che assume un particolare significato anche religioso, quasi liturgico. È normale per un gruppo di pellegrini in Terra Santa, quando si fa tappa ad Ain Karim per dirigersi verso la casa di Elisabetta, percorrere l’ultimo tratto di strada pregando il rosario con la meditazione dei misteri della gioia, per giungere poi al Santuario e dare voce al canto del Magnificat.
Quella stradina stretta, percorribile solamente a piedi, leggermente in salita, da affaticare i meno giovani, non può non portare immediatamente il pensiero al viaggio fatto da Maria, e al misterioso incontro tra le due mamme, in attesa di un bambino. Il dialogo tra Maria ed Elisabetta è una grande manifestazione de]l’amore misterioso di Dio: in queste due donne, che fanno quasi a gara per vivere nell’umiltà, in queste due mamme gratificate dalla bontà divina, il Verbo di Dio rende sensibile la sua presenza.
L’autore della miniatura di copertina ha pienamente colto la profondità del mistero, ponendo Elisabetta in ginocchio nell’atto dell’incontro e del saluto alla cugina: Benedetta tu tra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la Madre del mio Signore venga da me? E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto (Lc 1,42-45). Il mettersi in ginocchio è sicuramente un atto di omaggio alla cugina, futura madre del Redentore, ma è soprattutto riconoscere «il frutto del suo grembo», è un autentico atto di fede e di venerazione. La stessa fede e venerazione che devono avere i pellegrini in cammino verso Ain Karim – e tutti quelli che pregano il rosario – perché con quella sequenza di Ave Maria fanno proprie le parole dell’Angelo a Maria – Ave, piena di grazia! – e di Elisabetta alla cugina – Benedetta tu!
Percorso il cammino, superate le inevitabili difficoltà, tappa dopo tappa si giunge alla meta e l’oasi rasserenante di Ain Karim, resa dai Francescani un luogo di contemplazione e di preghiera, invita ad esplodere in quel cantico di lode e di gioia che Luca pone sulle labbra oranti di Maria e di Elisabetta, il Magnificat.
Un servizio di carità è quello reso da Maria alla cugina Elisabetta, un servizio intriso di fede e di speranza. Nel Magnificat – è il commento di Benedetto XVI – la Vergine «esprime tutto il programma della sua vita: quello di non mettere se stessa al centro, ma fare spazio a Dio, incontrato sia nella preghiera che nel servizio al prossimo; di non rendere grande se stessa, ma Dio; di non voler essere nient’altro che ancella del Signore; di contribuire alla salvezza del mondo non compiendo una sua opera, ma solo mettendosi a piena disposizione delle iniziative di Dio».